
Insieme alla bellezza delle immagini del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, quello che ammalia è il filo segreto che ci riporta agli occhi, dopo mezzo millennio, vivaci scorci di vita e fantastici rimandi allegorici. Allusioni e simboli astrologici, frammenti di vita di una Ferrara nel pieno fulgore rinascimentale, scorci di paesaggi urbani o campestri e racconti di gesta dei loro abitanti. Tutto questo è un diario stupefacente, un viaggio nel tempo che stupisce e rapisce chi si lascia avvolgere e trasportare dalla sua visione.
E si possono continuare a scoprire particolari mai notati, tanto è un mirabolante infinito scrigno di enigmi. Piccole, affascinanti parti di un caleidoscopio di realtà e misteri, che, come in Blow up, sorprendentemente ci appaiono solo quando ci inoltriamo a fondo nel fitto intrigo di figure.
Schivando la noia
E allora, dato che il fascino misterioso delle immagini affrescate presumibilmente rimarrà per molta parte un intrigante enigma, perché non giocare con la sua malia?
Avevo già vissuto questo incantamento e accondisceso a questa tentazione: molti anni fa, proprio partecipando alla mostra 'Per Schifanoia', avevo provato a ricreare il Decano di Marzo che tiene in mano un cerchio, sovrapponibile forse alla galassia di Andromeda, scolpendo in legno, come emergenti, alcune parti della figura del personaggio. Poi, in anni più recenti, ho rincorso Borso e i suoi cavalieri, sempre in viaggio tra città e campagna, in diverse opere polimateriche.
Ed ora quindi questa nuova suggestione, suggerita da quel ciclo pittorico, focalizzando, tra i mille particolari inattesi, quelli che più mi hanno affascinato e stupito. Cercando di ricreare con scagliola e colori l'illusione dell'affresco o, per alcuni, inseguendo il mio desiderio di scultrice di vederli realizzati in tridimensione.
Le magnifiche Tre Grazie di Francesco del Cossa, piccole deliziose figure lassù nell'angolo del mese di Aprile: che tentazione dare spessore alla loro morbida danza! E come non essere ipnotizzati da quelle mani, enigmatiche protagoniste nelle raffigurazioni dei Decani, misteriosi incantatori?
Perché giocare con l'arcano, che, perduta l'originale rilevanza, si annuncia ai giorni nostri così sorridente e ormai non più inquietante, è una tentazione irresistibile..
La scultura di Flavia Franceschini sembra svilupparsi secondo due tendenze contrarie:
da una parte un movimento che coagula i fluidi, solidifica le trasparenze,
ispessisce le luci; dall’altra una tensione che porta la materia duttile, salda ma
infinitamente sensibile, costellata di tracce, d’impronte leggere, di memorie di
corpi, sempre sul punto di dissolversi, di disseminarsi, per ri-manifestarsi come
visione di un’idea di spazio in cui è fondamentale la reversibilità interno/esterno,
concavo/convesso, visibile/invisibile. Uno spazio in cui le figure sembrano scegliere
la via della sparizione, della dissoluzione. Questa tendenza a scomparire
non si percepisce del resto come una perdita, ma come fonte della loro potenza
emozionale. Sono figure che funzionano al meglio nell’esilio, nel gap, nell’interstizio.
Flavia Franceschini's sculptural practice seems to develop following two opposing tendencies: on the one side, a movement that coagulates fluids, solidifies transparencies and thickens lights. On the other side, there is a force that shapes the ductile matter, which is firm but infinitely receptive, covered with traces, light marks, memories of bodies.. It is a tension that constantly leads this matter on the verge of dissolving, of disseminating, in order to re-manifest itself as a vision of a space, where it is fundamental to be able to reverse ideas of interior and exterior, concave and convex, visible and invisible. It is a space where the characters seem to take a path that leads towards disappearance, towards dissolution. This tendency to disappear is not however perceived as loss. Instead, it is the source of their emotional strength. They are figures that function better in exile, in the gap, in the interstice.
Silvia Pegoraro
(dal catalogo della mostra : “Ombre della memoria”
Roma, Ulisse Gallery Contemporary Art
4 giugno – 24 luglio 2015)